Caltanissetta, le terre di zolfo

Nella seconda metà dell’Ottocento, il territorio di Caltanissetta era considerato “capitale mondiale” dell’estrazione dello zolfo. A quel tempo in tutta la provincia furono scavate molte miniere, dette “solfare”, che modificarono il paesaggio naturale. Ancora oggi puoi vedere colline di un colore giallastro, brulle e desolate. Intorno al 1930, a causa della concorrenza dello zolfo prodotto in America, a poco a poco i giacimenti siciliani furono abbandonati.
Ora la zona è diventata una specie di “museo a cielo aperto”, dove si conservano le antiche macchine e gli attrezzi di lavorazione. Si può così osservare “dal vero” e comprendere la vita durissima dei cavatori, cioè i lavoratori delle antiche miniere. Per visitare una delle più grandi miniere abbandonate della provincia, imbocca la Statale 122 dalla parte Ovest di Caltanissetta.
Oltre San Cataldo, in direzione Serradifalco, si trova una deviazione che conduce alla Miniera Bosco. Nel piazzale della miniera puoi notare le entrate delle gallerie (le “discenderie”, al cui interno si “cavava” il minerale) e le baracche in cui veniva fatta la prima lavorazione dello zolfo estratto. In molti punti puoi ancora vedere cumuli di zolfo e ovunque si può sentire il suo tipico odore, aspro e pungente. Nella miniera funzionavano in continuazione grandi fornaci, dette “calcaroni”, dove lo zolfo veniva bruciato per separarlo, una volta divenuto liquido, dalla “ganga”, cioè dai resti solidi di gesso, calcare o terra.
Lo zolfo viene utilizzato in molte industrie come quelle per la lavorazione della gomma.
Minerale: zolfo.
Nelle miniere lavoravano i “carusi”, ragazzini dagli 8 ai 15 anni, che venivano impiegati per trasportare il minerale nelle lunghe gallerie: le condizioni di lavoro erano durissime e disumane.