La Val Venosta, nella terra dei Venostes

La Val Venosta prende il nome dai Venostes, il popolo che l’abitava già prima della conquista romana.
Corrisponde al primo tratto del corso dell’Adige, dal Passo di Resia fino a Merano. La parte alta della valle, compresa tra le Alpi Venoste e il Massiccio dell’Ortles, offre paesaggi grandiosi; la parte bassa, soleggiata e piana, è dominata da frutteti e vigneti che risalgono fin dove possibile i fianchi della montagna.
Chiese e castelli antichissimi raccontano la lunga storia della valle che per molti secoli è stata l’unica via di comunicazione tra l’Italia e la Germania. Su entrambi i versanti si aprono valli minori, ma non meno interessanti per il turista alla ricerca di ambienti naturali ancora intatti. Inizia ora il tuo itinerario per risalire la Val Venosta: da Merano segui la Statale 38 dello Stelvio che costeggia l’Adige.
A Naturno incontri il primo gioiello di questa valle ricchissima di opere d’arte: la piccola Chiesa di San Procolo, riconoscibile dal campanile medievale, che risale al VII secolo. All’esterno presenta affreschi del Quattrocento e all’interno conserva un ciclo di affreschi longobardi dell’VIII secolo che sono tra i più antichi della regione e testimoniano il legame di questa valle con l’area lombarda e veneta.
Il Massiccio dell’Ortles.
La Chiesa di San Procolo a Naturno.
Dopo Naturno, superata la deviazione che porta in Val Senales, sulla destra ti appare alto su una roccia il maestosoCastel bel lo, che non era una fortezza, ma l’elegante residenza di una potente famiglia, come si può capire dai frammenti di decorazioni scampate all’incendio che lo ha fortemente danneggiato nell’Ottocento. Il castello si trova nel territorio di Laces, importantissimo nodo stradale in epoca romana e medievale. Nel centro storico la Chiesa di Santo Spirito conserva uno straordinario altare a portelle del Cinquecento scolpito da Jorg Lederer, uno dei più abili maestri in questo campo.
Oltre Laces si apre a sinistra la Val Martello, nel Parco Nazionale dello Stelvio, sorvegliata dalle rovine dei Castelli Montani, quasi disabitata, ma percorsa da una fitta rete di sentieri per gli appassionati delle escursioni a contatto diretto con la natura.
Poi, all’orizzonte compaiono la punta aguzza e inconfondibile del campanile di Silandro, adagiata in mezzo a immensi frutteti, e il profilo del castello che domina le case dell’abitato.
Dopo una visita al centro del paese, vale la pena di raggiungere la frazione di Corzes, che conserva un nucleo di antiche case di pietra, e quella di Covelano, dove nella Chiesa di San Martino c’è un prezioso altare in legno del Cinquecento.
Castelbello è protetto da un fossato scavato direttamente nella roccia.
Sculture in legno nell’altare della Chiesa di Santo Spirito a Laces.
Il campanile della Chiesa parrocchiale di Silandro.
La Val Martello.

Castel Coira e Glorenza

Segui la Statale 38 fino a Spondigna, che si trova allo sbocco della Valle di Trafoi che sale verso il Passo dello Stelvio. Qui prendi la Statale 40 del Passo di Resia e raggiungi Sluderno a 900 metri di altezza. Malgrado l’altezza, il paese, in posizione riparata, è completamente circondato da frutteti. Sul l’abitato incombe la mole di Castel Coira, uno dei castelli più importanti della Regione. Fu fatto costruire nel Duecento dal Vescovo di Coira per ostacolare i signori della Val di Mazia, che se ne impadronirono pochi anni dopo.
Nel Cinquecento il castello passò ai Trapp che lo trasformarono in una sple n dida dimora signorile. Il palazzo si sviluppa intorno a un cortile su cui si affacciano eleganti logge, porticati coperti ricchi di affreschi. Anche le sale interne sono affrescate, in particolare la “sala degli antenati” che contiene i ritratti dei membri della famiglia Trapp dal 1600 al 1800. Dell’edificio duecentesco sono rimaste la grande torre centrale (mastio) di forma quadrangolare e la cappella.
Castel Coira: gli archi della loggia sono sostenuti da eleganti colonne diverse l’una dall’altra.
A due chilometri da Sluderno, sulla strada che attraverso il Passo del Forno porta in Svizzera, tra campi, abetaie e frutteti, incontri Glo ren za, nota già dal Trecento come città-mercato, luogo di scambi e di commerci tra gli abitanti delle valli circostanti. Nelle mura, alte circa 7 metri, in corrispondenza delle strade che arrivano dai centri vicini, si aprono tre porte-torri quadrangolari; quella di Tubre, rivolta verso la Svizzera, è la più protetta, con saracinesca e ponte levatoio, perché da lì venivano i pericoli maggiori. Agli angoli quattro torrioni circolari potevano ospitare pezzi di artiglieria e lungo il cammino di ronda erano disposte 150 postazioni di fucilieri. L’Adige a Sud e i fossati a Ovest e a Nord completavano la difesa. Glorenza doveva apparire una fortezza imprendibile. Nel borgo sono ben riconoscibili i tre spazi fondamentali di una città medievale: la piazza centrale, Stadt-Platz, con la fontana monumentale, luogo di incontro e centro della vita civile; il quartiere degli affari, Via dei Portici, con botteghe, magazzini e stalle; la piazza della chiesa, curiosamente posta al di fuori delle mura, su cui i Glorenzini scherzano dicendo “La nostra città è così piccola che dobbiamo andare a Messa fuori dalle mura”. Qui si trova la bella Chiesa di San Pancrazio con il suo alto campanile, sulla cui base è affrescato un grande Giudizio universale.
Uno dei quattro robusti torrioni circolari agli angoli della cinta muraria di Glorenza.
Il Castel Coira sorge in una splendida posizione.
Le armature più belle della collezione erano costruite da artigiani milanesi.
Glorenza ha il titolo di “città” dal 1304.
Uno dei quattro robusti torrioni circolari agli angoli della cinta muraria di Glorenza.